Oggi parleremo della bella e affollatissima mostra su El Greco (1541- 1614) il cui vero nome era Domínikos Theotokópoulos
Prima di tutto vi debbo fare una confessione: prima di entrare ero molto prevenuta, in quanto il pittore in questione non era certamente tra i miei preferiti.
Ebbene all’uscita …ho ancora di più rafforzato questa mia convinzione (con una eccezione della quale vi parlerò)
Sì perché El Greco, ai miei occhi pieni di cultura classica, che più classica non si può, ha una grave tara: essere il più puro erede dell’arte bizantina (nasce infatti come pittore di icone).
L’arte bizantina sappiamo essersi cristallizzata in forme sempre uguali a se stesse dai tempi dell’Impero Romano d’Oriente.
Ancora oggi le botteghe artigiane e gli artisti dell’area ortodossa ripropongono i temi e le forme delle Icone come le dipingevano i loro colleghi tanti secoli fa.
Tutto ciò naturalmente non ha nulla a che vedere con le capacità artistiche, ma attiene invece alla sfera religiosa.
Per i paesi ortodossi la rappresentazione del sacro ha il solo scopo di evocare lo slancio spirituale per accompagnare il fedele ad una intimità con l’immagine, per esempio della Vergine.
L’opposto é per l’arte occidentale.
Dopo la catastrofe umana e culturale del crollo dell’impero Romano, l’evoluzione dell’arte, a partire da Giotto, é stata vertiginosa.
Non solo, gli stili e le forme cambiavano radicalmente, anche secondo aree geografiche, anche minuscole; basti pensare solo all´unicum della pittura ferrarese del ´400
Tutto ciò é una buona cosa?
Vedendo la deriva nella quale é finita l’arte contemporanea occidentale ho i miei fortissimi dubbi.
Fine della digressione, torniamo alla nostra mostra.
Visitando l’esposizione ci rendiamo conto della difficoltà di un pittore che nasce bizantino anzi, come direbbe Federico Zeri costantinopolitano, ad imporsi in realtà artisticamente ultra sofisticate come la Venezia o la Roma del 1500.
Non a caso la sua consacrazione artistica avvenne a Toledo, dove riuscì là dove aveva fallito in Italia, cioè prendere delle comande presso delle famiglie reali.
Lo stile e il colore di El Greco dovrà sempre moltissimo al suo passaggio in Italia.
A Venezia apprese l’uso del colore dai suoi maestri Tiziano Vecellio e Tintoretto, mentre l’invenzione di nuove forme classiciste, é frutto della visione dei capolavori romani di Michelangelo Buonarroti e di Raffaello Sanzio.
Gentiluomo di Leiva
Guardando i quadri esposti, ho sempre la sensazione che il nostro artista fosse come frenato nella sua creazione, che ci fosse sempre qualcosa che trattenesse il suo istinto.
Io non conosco per nulla la storia di El Greco, e le schede presenti nella mostra non aiutano, ma secondo me questo aspetto riguarda la sfera confessionale.
Tutti i quadri esposti sono di carattere religioso, aveva forse il nostro artista un problema in questo senso?
Era forse non credente?
O era forse in conflitto con la propria coscienza essendo egli di fede Ortodossa? Chissà..
Ma si può veramente liquidare l’arte di El Greco in questa maniera?
No, veramente no.
C’é un’opera infatti esposta alla fine dell’esposizione e della quale facevo cenno all’inizio dell’articolo che ha l’effetto di un fulmine che squarcia l’oscurità.
Si tratta precisamente del quadro intitolato L’apertura del quinto sigillo e fa riferimento all’ Apocalisse di San Giovanni.
Ebbene, il quadro é veramente apocalittico nella sua incredibile modernità.
Qui forse si può finalmente leggere la vera arte di El Greco liberata da ogni freno.
El Greco al Grand Palais
3 Avenue du Général Eisenhower
75008 Parigi
dal 16 ottobre 2019 al 10 febbraio 2020