Armando Spadini

Armando Spadini pittore italiano e rapprensentante della Scuola Romana ( Firenze 1883- Roma 1925)

 

Gli studi e gli esordi a Firenze

La scuola libera del Nudo all’Accademia di Belle Arti

Alla svolta del secolo è iscritto alla scuola libera del Nudo all’accademia di Firenze, frequenta assiduamente i musei, le chese fiorentine, lo studio di Adolfo de Carolis e l’atelier di Giovanni Fattori.

Concorso Alinari

Nel 1901 ottiene il secondo premio al concorso Alinari e collabora con xilografie e disegni al ‘Leonardo’ di Papini e alla rivista Hermes di Giuseppe Antonio  Borgese.

Compiuto il servizio militare rientra a Firenze e nel 1909 concorre al Pensionato Artistico Nazionale, risultandone vincitore.

Sposa Pasqualina Cervone, conosciuta alla scuola di Giovanni Fattori e nel 1910, la coppia si trasferisce a Roma.

Armando Spadini a Roma

La Secessione romana

Dopo una prima mostra al pensionato artistico (1912) partecipa alle Mostre della Secessione Romana nel 1913 e nel 1915.

Nel 1914 si astiene dall’esporre alla Secessione romana e riduce la sua tavolozza a pochissimi colori fondamentali.

Si trasferisce con la moglie e i figli in una viletta ai Parioli, allora ai margini della campagna romana.

La casa diverrà meta di assidue frequentazioni dei suoi amici letterati e artisti.

Il caffè Aragno

L’amicizia con Cecchi e Baldini, la frequentazione del milieu culturale della terza saletta del Caffè Aragno contribuiscono ad avvicinarlo, nel 1919, a “La Ronda”.

Nel 1920, il Comune di Roma gli concede in affitto uno studio all’Uccelleria a Villa Borghese.

Il crescente interesse intorno alla sua pittura lo solleva dalle difficoltà economiche, mentre le condizioni di salute incominciano a peggiorare.

Accademia di San Luca

Lo stesso anno è nominato Accademico di S. Luca e dall’anno successivo, fa parte del comitato per le Biennali romane del 1921 e del 1925.

Anche dopo la morte, l’opera di Spadini rimane il termine di paragone per le giovani generazioni romane, fino alla grande mostra organizzata

da Pier Maria Bardi nel 1930, alla Galleria di Roma.

 

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