Alberto Giacometti al Museo Maillol
Buongiorno a tutti.
Dove siete in questo momento?
Qualsiasi cosa stiate facendo vi dò un consiglio: fermatevi e preparatevi ad un tuffo triplo carpiato all’indietro con doppio avvitamento.
Si, perché come chiamereste voi una sequenza del genere? San Giovanni Battista -Rodin-Giacometti- Basquiat-Charles de Gaule (con gabbiano)..
Tutte queste belle sensazione le ho potute vivere visitando la bellissima mostra al museo Maillol di Parigi allestita fino al 20 gennaio 2019 dal titolo: Giacometti. Entro tradizione e avanguardie.
Come si capisce dal titolo si analizza qui il percorso artistisco di questo sommo scultore nato in Svizzera (italiana..) (Borgonovo di Stampa, 1901 – Coira, 1966) in una famiglia dove il genio era di casa.
Arrivato giovanissimo a Parigi, Alberto esordì come allievo di Antoine Bourdelle, all’Académie de la Grande Chaumière di Montparnasse, dove installó il suo affascinante atelier.
Contemporaneo di Aristide Maillol, seguì dapprima le orme di artisti quali Chaim Jacob Lipchitz , Henri Laurens e Ossip Zadkine, per poi seguire il proprio talento che lo porterà a creare delle vere e proprie icone dell’arte moderna.
Ma torniamo al nostro tuffo procedendo con ordine e analizziamo i primi tre anelli della catena San Giovanni Battista-Rodin-Giacometti.
Rodin ispira Alberto Giacometti
Sapevate a chi si é inspirato Giacometti per la sua celeberrima scultura l’homme qui marche?
Io no, non lo sapevo, l’ho scoperto visitando uno degli ultimi ambienti di questa stupenda esposizione.
In questa stanza sono esposti insieme alla celeberrima scultura, una grande statua in bronzo di François-Auguste-René Rodin e dentro una teca un quaderno con dei disegni, o meglio, degli schizzi, anche questi di Rodin.
La grande scultura in bronzo rappresenta una dinamica e muscolosa figura che solo attraverso la didascalia capiamo trattarsi di San Giovanni Battista.
Infatti, invece di essere come sempre vestito con peli di cammello, sulle pudenda presenta una minuscola foglia, forse di edera.
I disegni, nella teca rappresentano un corpo in movimento con sotto un appunto scritto che recita L’homme qui marche.
Ebbene cosí ho scoperto che Alberto Giacometti per la sua scultura piú conosciuta si é inspirato proprio a Rodin!
Arriviamo ora al quarto anello della catena.
Abbiamo visto come il San Giovanni di Rodin abbia inspirato Giacometti, ma Jean-Michel Basquiat cosa c’entra?
Ebbene, guardate questa foto e non ditemi che non ricorda in tutto e per tutto l’artista-writer afro-newyorkese.
Come si spiega tutto ció? Basquiat ha forse visto queste opere?
Stando alla sua biografia si tenderebbe ad escluderlo, dunque?
In effetti una spiegazione non c’é, ma non é una vera novità.
Nella storia dell’arte non é raro trovare una figura, uno stile, un motivo praticamente identico in due artisti che non si sono mai conosciuti, mai incontrati.
Le fotografie che mostrano gli artisti sia nella loro vita privata sia durante la creazione di un’opera, sono sempre molto evocative, ma qui ce n’é una del famoso fotografo Robert Doisneau particolarmente interessante.
In questa gigantografia, oltre l’originale registro di Doisneau, che conosciamo solitamente meno profondo e più descrittivo, quello che colpisce é la tristezza, direi quasi la desolazione dell’ambiente di lavoro di Giacometti. Sembra di essere in una cantina, una specie di antro dove regna una sensazione di povertà e di disordine.
Sappiamo che non era così, e l’espressione tra il divertito e il sorpreso di Giacometti ce lo conferma, ma la sensazione rimane.
Ma, nell’osservare la foto, mi viene da fare un’altra considerazione; alzi la mano chi non ha pensato al valore che hanno (o avrebbero) tanti di quegli oggetti, sculture, buttati quà e là senza nessuna apparente cura.
Chi non avrebbe la voglia di girare una di quelle tele per vedere di cosa si tratta, di che opere sono, e di sapere dove si trovano ora.
Sono forse esposte in qualche museo?
Appese ad una parete di una penthouse a Dubai?
Imballati in una cassetta di sicurezza di qualche porto franco svizzero?
o neglette in una cantina del XIV arrondissement di Parigi?
Vi vorrei parlare ora della cosa che piú mi ha colpito della mostra, che potremmo intitolare “Omnia vincit amor”.
Trovo che i video d’epoca che vengono mostrati durante una esposizione, siano sempre di grande utilità per la comprensione di un’artista. Non fa eccezione quello che é in mostra qui, anzi nel finale c’é una scena che definirei struggente.
Durante il video si vede Alberto Giacometti che mentre crea una scultura, contemporaneamente dà un’intervista a Jaques Dupin poeta, critico e amico dell’artista.
Nel rispondere a delle domande piuttosto tecniche, si capiva che il suo unico interesse era comunque dare vita alla sua creatura. Finita l’intervista, si prende cura della sua creazione come fosse un bambino.
Dopo aver versato dell’acqua sulla testa dell’opera come in una sorta di battesimo, prende un panno bagnato e la avvolge con un amore infinito.
Immagino abbia fatto tutto questo in modo che la terracotta o il gesso non si seccasse, in ogni caso, questa scena dimostra quanto sia importante fare le cose con amore.
Con questa bella immagine vi saluto, anzi no, manca l’ultimo anello della catena: Charles de Gaulle (con gabbiano)
Tornando a casa dal museo, sugli Champs Elysées, ho rivisto con occhi nuovi una statua che conoscevo bene ma che non aveva mai attirato prima la mia attenzione.
Non so chi sia l’autore, ma sicuramente ha visto la scultura di Alberto Giacometti “L’homme qui marche“…
Giacometti, entre tradition et avant-garde
Musée Maillol
61, Rue de Grenelle
75007 Paris
Dal 14 settembre al 20 gennaio 2019
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