Folgoranti successi e gattabuia, gloria e fughe rocambolesche, commerci sessuali di varia natura, risse, omicidi, frequentazioni di sangue blu e cardinali di giorno, bettole, tagliagole e mercimonio di notte.
Di cosa stiamo parlando? Dell’ ultima serie di Netflix in salsa Dan Brown?
Della prossima fiction tv “Il Papa ateo?”
Niente di tutto questo, stiamo parlando della vera vita di un certo Michelangelo Merisi da Caravaggio.
In effetti le disavventure alla Monsieur Rocambole di Caravaggio, sembrano tratte da un filone che oggi va per la maggiore e che risponde ai requisiti delle famose tre esse del mondo dello spettacolo: sesso, sangue, soldi.
Gli ingredienti (sempre gli stessi), sono gli intrighi della Chiesa con una visione da macchietta del Vaticano, scandali finanziari, feste scatenate, intrighi di potere… Insomma niente di nuovo, la frequente visione che ha un non romano, quando arriva nella cittá Caput Mundi.
Visto quindi, che nulla attira di più i contemporanei del genio artistico abbinato alla sregolatezza della vita privata, non sorprende che Caravaggio sia divenuto un’ icona assoluta dell’arte mondiale, aldilà del suo genio artistico.
Come risulta anche dalla visione di questa mostra in scena al Museo Jacquemart-André di Parigi, il registro di questo artista, cambia in maniera totale in funzione dei soggetti, dei committenti, e anche, se non soprattutto del suo stato d’animo.
Ma come era la vera anima di Caravaggio? Quella quasi logorata nella sua introspezione come il San Francesco in meditazione?
Apparentemente leggera come nel Suonatore di liuto?
O più splatter di un film di Quentin Tarantino come nella celeberrima Giuditta e Oloferne?
Questi estremi opposti sono spesso frequentati dal nostro pittore.
Caravaggio sappiamo che più che anticipare ha inventato lo stile Barocco in pittura.
Incredibilmente questo stile si porta ancora dietro una cattiva reputazione.
Questa é dovuta ai negativi pre-giudizi che, a partire dai razionalisti e dai neoclassici del Settecento, arriva fino ai due giganti della critica della prima metà del novecento Bernard Berenson (BB per gli amici…) e Roberto Longhi.
Semplificando il loro giudizio, i primitivi, il Rinascimento, e il Cinquecento veneziano, rappresentavano per loro la vera Arte italiana.
Tutto il resto era una produzione diciamo di serie B, compreso il Barocco.
Per dare l’ idea dell’ampiezza del fenomeno, ancora oggi in Francia per descrivere una situazione pesante in senso negativo si usa l‘aggettivo “baroque“.
É interessante elencare i sinonimi del termine barocco elencati sul sito synonymes.com. : bizarre excentrique, abracadabrant, choquant, bizarroïde, fantasmagorique, inénarrable, e per finire il comprensibile kitch e l’inarrivabile zinzin.
In verità questa tesi, che potremmo definire un’antenata delle fake news, è facilmente smontabile osservando i due Bartolomeo Cavarozzi presentati uno accanto all’altro; il primo é una spendida, luminosissima Natura morta,
nell’ altro compare addirittura una scena trasognata, quasi romantica, intitolata “La douleur d’Aminte“.
Devo dire che in generale la mostra non mi è piaciuta, non mi ha emozionata.
Per prima cosa le sale del museo, malgrado l’ottima organizzazione e lo scaglionamento, erano affollatissime, e impossibile era riuscire a guardare un’opera in maniera serena.
Inoltre riguardo il livello in generale della mostra lascio la parola a Vincent Noce, stimato giornalista che si occupa di arte e difesa del patrimonio : ´La mostra strizza l’occhio al grande pubblico e non si cura della ricerca’.
Naturalmente allude ai rumors che circondano le attribuzioni a Caravaggio di certe opere perlomeno controverse.
Inoltre, tanti quadri venivano dalla mia città e li conoscevo.
Aver già visto un quadro in effetti non significa molto, un bel dipinto, è come una bella musica, si può ri-ascoltare decine di volte ma l’emozione rimane la stessa.
In verità, mi dispiace sempre molto vedere tanti capolavori lasciare la loro collocazione naturale.
A proposito di collocazione, non posso non ricordare come faccio abitualmente, Federico Zeri.
Riguardo il museo Jacquemart-André ci informa che negli anni è stato totalmente rivoluzionato con varie trasformazioni e ricollocazioni delle tantissime opere d’arte che lo arredavano.
Il problema è che sono stati totalmente disattesi gli ultimi voleri della coppia, la quale aveva espressamente richiesto che nulla fosse cambiato nel loro splendido hôtel particulier del boulevard Haussman di Parigi.
Sappiamo dagli scritti di Zeri, quanto lui combattesse perché le collezioni, le dimore storiche, venissero sempre lasciate, per quanto possibile, come il collezionista le aveva concepite e presentate.
Chissá cosa penserebbe dello stato in cui versa la sua villa di Mentana, di cosa é diventata, e, malgrado la sua volontà, cosa diventerà.