Di Pietro Melandri, (Faenza 1885-1976), Carlo Carrà diede il seguente giudizio:
“chi volesse far la figura dell’erudito parlando di Pietro Melandri faentino, potrebbe facilmente imbastire una lunga disquisizione sull’arte della ceramica e rammentare che Faenza fin dal secolo XIV, ha potuto vantare le botteghe più celebrate d’Europa.
Ma che conta tutto ciò ?
A noi interessa notare che Pietro Melandri seppe vincere lo scetticismo che aveva portato gli italiani ad essere non altro che degli imitatori dell’antico.
Egli è uno di questi realizzatori, che sanno procedere dagli elementi del buon mestiere e attingere agli sviluppi di un gusto antico e moderno…” (cit. di Carlo Carrà dell’Ambrosiano 6 giugno 1928)
Si dice fosse di carattere tempestoso e di umore instabile… Fiero e risoluto, fibra d’acciaio di vecchio romagnolo.
Dopo un primo periodo a Faenza, vissuto vicino ad artisti affermati, Melandri si reca al Sud, poi si trasferisce a Milano.
Qui vive nell’indigenza un’operosa stagione artistica ed intellettuale.
Lavora prima come decoratore. Poi come scenografo. Frequentando contemporaneamente corsi serali di Brera.
Tornato a Faenza dopo gli anni della guerra e della prigionia riprende l’attività di ceramista, prima con Paolo Zoli e poi con Francesco Nonni.
Grazie all’intervento economico dell’industriale ravennate Umberto Focaccia, che nel 1922 acquista per lui i locali già di proprietà dei fratelli Minardi, inizia a lavorare da solo.
Nè la crisi del 1929, né lo sciogliersi della società col Focaccia, nè i contrasti con l’ambiente ceramistico ed artistico della città natale vincono Melandri.
Dal 1920 al 1940 partecipa alle maggiori mostre, esposizioni e concorsi in Italia ed all’estero. Riscuote ovunque grande successo e premi ( basti citare i riconoscimenti ottenuti a Parigi nel 1925 e nel 1937, ed il premio Faenza, vinto per due anni consecutivi, nel 1938 e nel 1939).
Niente lo ferma neppure la distruzione pressoché totale di casa e laboratorio, bombardati nel 1944.
Attivo fino all’età di 87 anni, Pietro Melandri fu senz’altro uno dei maggiori ceramisti del Novecento italiano: egli seppe unire ad un’altissima tecnica (le novità dei suoi smalti e l’iridescenza delle sue vernici spesso bastano a rendere inconfondibile un suo pezzo) una produzione quanto mai eclettica ed una personalità forte e generosa.
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