Giacomo Balla
Giacomo Balla
Giacomo Balla nasce a Torino nel quartiere popolare di Rubatto il 18 luglio 1871. Figlio unico. Mamma vedova.
Lavora nello studio fotografico dei fratelli Bertieri. Da Oreste Bertieri apprenderà il taglio fotografico, l’uso del colore in forma di bianco e nero, la posa moderna dei ritratti che ritroveremo in tante opere del grande artista.
Nel 1900 Giacomo Balla trascorre qualche mese a Parigi. E’ l’anno dell’esposizione universale. Qui conosce e approfondisce l’opera di George-Pierre Seurat, l’inventore del Divisionismo, a cui aderirà, interpretandolo con grande libertà.
Il quadro “Fallimento” del 1902. E’ il dettaglio della porta di un negozio di Via Veneto a Roma ormai chiuso da tempo e sulla quale i bambini hanno fatto degli scarabocchi.
Si dedica allo studio del colore e ai temi sociali.

La Pazza (1905) è ritratta in controluce sul balcone, mentre i vetri della finestra riflettono il campo dorato che divide la casa di via Paisiello da Villa Borghese.
E’ un dipinto innovativo,per la scomposizione dei colori e l’incredibile studio della luce. Una grande tela. Fa parte di una ciclo intitolato ‘Dei Viventi’ che Balla dedica agli emarginati della società.
La luce sarà la grande protagonista delle opere di Balla.
Polittico di Villa Borghese, lunga circa tre metri, si compone di 15 pannelli. Sembra la sintesi del suo doppio sguardo di pittore e fotografo.

Del 1905 la Fontana di Villa Borghese dipinta al crespuscolo e rende con una precisione quasi fotografica l’effetto dell’acqua che scende dalla vasca superore a quella inferiore.
Verso 1910 passa al movimento futurista in cui ebbe parte di grande rilievo.
Annota su un taccuino un suo incisivo ritratto:
Balla futurista, torinese,altezza 1,60 com,anni 39, peso 67 kg, carnaggione rosea, occhi cilestri, barba ramata, capelli castagni, temperamento non si sa mai, mangia e veste a modo suo, Conclusione, prezzo al quadro lire 2000.
Giacomo Balla padre del Futurismo
Oggi Giacomo Balla è riconosciuto come il padre del futurismo: la più potente avanguardia italiana del primo Novecento. Eppure ci sono zone d’ombra, come macchie indelebili che oscurano la sua vicenda umana e artistica.
E’ stato definito un traditore, un provinciale e un fascista.
Artista geniale, complesso, a tratti oscuro, è stato per lungo tempo vittima di un marchio d’infamia.
Il trasferimento a Roma
Alla fine dell’Ottocento, come molti piemontesi, Giacomo Balla si trasferisce a Roma con la madre in cerca di fortuna.
Vive nel quartiere Parioli, a due passi da Villa Borghese, dove trascorrre ore e ore a studiare la luce. Per Balla il grande parco romano sarà fonte d’ispirazione per molti lavori.
Roma all’epoca era un immenso cantiere. Era diventata capitale d’Italia dal 1870. Si costruiscono interi quartieri.
Vive tutta la vita circondato dall’affetto della famiglia e degli amici. La dimensione intima sarà un rifugio sicuro e fonte d’ispirazione per la sua ricerca artistica.
Conosce Elisa Marcucci grazie all’amico Duilio Cambellotti.
Il matrimonio con Elisa Marcucci
Nel maggio 1904 i due si sposano in Campidoglio contro il volere di sua mamma Lucia e della famiglia di Elisa. Per loro Giacomo era un povero pittore squattrinato!
Elisa aveva studiato e sarà lei ad insegnare a scrivere e leggere alle figlie Elica e Luce.
In questo periodo Giacomo Balla si esercita molto per trovare una strada come ritrattista. I suoi familiari sono spesso protagonisti dei suoi quadri.
In Trittico degli affetti del 1910. Elisa al centro che insegna a leggere a Luce. E tutto un effetto di scuri. Per creare questo effetto Balla, che era uno sperimentale, usarà del lucido da scarpe.
A Roma, Giacomo Balla, si conquista una certa fama per i suoi ritratti realizza quello del sindaco Nathan. Un ritratto che lo renderà celebre nella Roma che contava.
Al contrario degli altri giovani artisti futuristi che si erano buttati allo sbaraglio nella nuova avventura del futurismo. Balla invece si giocava una carriera.
Anche sua figlia Elica fu pittrice futirista e firmava le sue opere con Ballelica .
Il totale disinteressa della critica italiana. Si è ritrovato isolato nella realtà romana.
Intorno al 1922 torna tuttavia ad alternare ai modi del Futurismo opere di un naturalismo di tipo luministico, dall’esecuzione genericamente impressionistica. Quest’ultima impostazione prevalse definitivamente dopo il 1945.
Giacomo Balla è morto a Roma nel 1958.
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