Giulio Aristide Sartorio nato a Roma l’11 febbraio 1860, è morto il 3 ottobre 1932.
La personalità artistica Sartorio è piuttosto complessa, non limitandosi alla sola pittura, ma abbracciando anche la scultura e le lettere.
Giulio Aristide Sartorio fu indirizzato all’arte dal nonno Girolamo e dal padre Raffaele, entrambi scultori.
Amico di Gabriele D’Annunzio, cooperò alla Fondazione di un importante giornale illustrato, le cui pubblicazioni non durarono però a lungo.
Illustrò con tavole e disegni il poema “Isotta Guttadauro”.
Anche lui, come molti altri giovani artisti della sua generazione, si lasciò attrarre in un primo tempo dal genere di pittura messa in auge da Mariano Fortuny, come attestano alcuni quadri di ambiente e generi settecentesco, leziosi e sdolcinati.
Nel 1889, in compagnia di Francesco Paolo Michetti, soggiornò a Parigi, dove cominciò a prendere contatti con un’arte più libera e meno accademica.
Le sue opere cominciavano ad essere apprezzate dal pubblico e dalla critica. Questa sua crescente notorietà gli valse un invito da parte del Granduca Carlo Alessandro di Sassonia-Weimer, che gli offrì una cattedra all’Accademia di Weimar.
Il soggiorno di Sartorio a Weimar si protrasse fino al 1900.
Fu nel decennio successivo che egli si dedicò maggiormente alla pittura di paesaggio, prendendo a soggetto soprattutto la campagna romana.
La sua attività di paesista fu copiosissima ed ammirata, anche se il gusto del tempo era maggiormente favorevole alle sue più note opere di frescante: i fregi per la sala del Lazio della Biennale di Venezia e quelli dell’Aula di Montecitorio a Roma.
Nel 1929 fu nominato accademico d’Italia e Vicepresidente dell’Accademia.
Ad un anno di distanza dalla sua morte, e cioè nel 1933, veniva solennemente inaugurata da G. Marconi alla Galleria di Roma, una mostra in cui erano esposte 184 opere dell’artista scomparso.
A palazzo Braschi nel 1961, nel centenario della nascita, è stata allestita una mostra, in cui figuravano numerosi paesaggi.
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