Antonio Donghi
Antonio Donghi è morto il 19 luglio 1963 a Roma ove era nato il 16 marzo 1897.
Artista neoclassico e aderente al Realismo Magico e alla Scuola Romana.
A Roma frequentò il Regio Istituto di Belle Arti.
Gli esordi di Antonio Donghi
Al termine della guerra, si dedica allo studio della pittura del XVII e XVIII secolo soprattutto nei musei di Firenze e Venezia.
Dopo una breve esperienza cubista, venne a far parte di quel gruppo di artisti cui appartennero anche Virgilio Guidi, Amerigo Bartoli, Carlo Socrate,
Riccardo Francalancia, Francesco Trombadori, che operando a Roma nel secondo decennio del secolo, si oppose, con un ritorno alla forma definita chiara e senza ombre, alle tendenze formalistiche del tempo.
Si è parlato troppo spesso genericamente a proposito della pittura di questo periodo di “Novecento italiano”: è importante invece distinguere ed individuare tra le varie personalità, quella di Antonio Donghi, con la sua “retorica della semplicità” e contrapporla a quella, ad esempio, di un Mario Sironi, con la sua “retorica della magniloquenza”.
Le opere famose di Antonio Donghi
Via del Lavatore
Il quadro, dal titolo Via del Lavatore, raffigura la strada a due passi di Fontana di Trevi dove Antonio Donghi abitava.
Nel 1922, Antonio Donghi lo presenta alla XV Esposizione della Società amatori e cultori di Belle Arti di Roma. E’ il quadro del suo esordio ufficiale.
La nostra galleria
Nel catatogo delle opere presenti nella galleria Egidi MadeinItaly è in vendita l’opera Via del Lavatore firmata Antonio Donghi e certificata dal Prof. Rivosecchi
Lavandaie
Le componenti essenziali dello stile di Antonio Donghi sono visibili già nel giovanile “Lavandaie” del 1922, dove già si vedono i valori della sua pittura: solidità, precisione di forme, disegno nitidissimo, ritmo compositivo sobrio e anche una ripresa molto ravvicinata, che rende monumentali queste figure come a voler catturare il visitatore dentro il quadro.
Antonio Donghi a bilanciare questo realismo inserisce spesso degli elementi che nascondono una parte della scena. Un drappo, un lenzuolo, un volto che non vediamo, per accendere una componenete di mistero. Di incertezza.
Manca in questo quadro quella compostezza auspicata dal Novecento di Margherita Sarfatti.
Il dipinto è, al contrario, pervaso da uno spirito popolare. Il soggetto è troppo terrestre e lontano dalla misura classica.
“Ho guardato i grandi del passato senza esagerare, ossia senza prendere da essi motivi di composizione e atteggiamenti…
Nell’esecuzione ho voluto sempre finire, anche con scrupolosità, sperando che l’osservatore potesse leggere con chiarezza quello che io ho visto e sentito. ” Antonio Donghi
Carnevale
Nel dipinto Carnevale del 1923, ritroviamo l’atmosfera di magia. Ci troviamo difronte ad un mistero difficile da svelare.
Il quadro aperto sul fondo fa vedere uno scorcio di città.
Ci sono tre persone che apparentemente formano un gruppo. In realtà, non comunicano fra di loro. Ciascuna compie uno o più gesti.
L’Arlecchino ammicca e tiene in mano un manganello. A destra vediamo un musicista in abito elegante, con cappello a cilindro che suona una chitarra. Davanti a lui, mostrandoci le spalle, un minaccioso Pulcinella, tiene una mano in tasca pronto a fare qualcosa che non riusciamo ad indovinare.
Non si puo’ escludere che l’immagine abbia un significato politico. Sono quelli anni di scorribande squadriste.
Il tema della maschera nella pittura di Donghi
Il tema della maschera è uno dei prediletti di Antonio Donghi.
Coglie sempre l’aspetto psicologico della duplicità offerta dall’immagine e apparentemente collegata al divertimento e alla leggerezza.
In realtà, carica di sofferenza. Sono sempre pose statiche, immobili, attonite e anche enigmatiche. Non ci fanno capire il senso della loro presenza e dei loro gesti.
Circo equestre
Alla Biennale di Venezia del 1928, partecipa col quadro Circo equestre del 1927.
Qui è’ più che mai evidente il trucco sottile del Realismo Magico e di quell’atmosfera di tensione di cui parlava Bontempelli.
La composizione è di una semplicità sorprendente. Quasi banale.
Due figure in piedi, immobili. Ambiente spoglio e simmetrico. Un sipario grigio sul fondo diviso esattamente a metà. I volti dei due personaggi, fanno risaltare le differenze.
Il clown con la faccia infarinata, bonaria ma astuta, ammiccante, il cappello in mano. Il direttore col frustino, il colletto inamidato e un’espressione piena di sussiego. L’effetto psicologico del quadro, è piuttosto complesso e non è facile da decifrare. All’inizio, sembra un gioco ironico quasi comico. L’inquietudine cresce se si osservano con attenzione quei due volti. I piedi divaricati.
Personaggi impenetrabili che ci fanno pensare a De Chirico e ai suoi manichini.
Donna alla toletta
Nel dipinto Donna alla toletta del 1930 fa risaltare l’importanza degli oggetti, scelti e disposti con precisione quasi maniacale.
Gita in barca
Del 1931 sono i “Fiori” e “Gita in barca“, per cui sono stati fatti richiami ad autori settecenteschi, ed il mirabile “Giocoliere” del 1936. Il giocoliere appare bloccato nel suo movimento.
Giovinetta
Tra i ritratti, particolarmente affascinante è “Giovinetta” del 1931.
“Studiatissime e slanciate composizioni eseguite secondo una tecnica levigata da quattrocentista fino a renderle stagliate nello spazio con metafisica evidenza” Emilio Lavagnino
Dal nostro negozio:
Nel catalogo prodotti Egidi MadeinItaly nella sezione di arte moderna è presente in vendita un acquerello firmato Antonio Donghi e certificato dal Prof. Rivosecchi.
Molti ancora hanno scritto, seppure brevemente di Antonio Donghi: Cesare Brandi, Alfredo Mezio, Virgilio Guzzi, Emilio Cecchi, Leonardo Sinisgalli e Leo Longanesi.
Nel 1927 ottenne la First Honorable Mention del Carnegie Institute di Pittsburgh.
Senza tuttavia che questi primissimi contributi di stima per un’artista che sembrava isolato dal mondo potessero veramente rompere l’isolamento ed il silenzio.
La fama di Antonio Donghi rimaneva legata alla stretta cerchia romana come un caso stravagante; come un esempio di “candore” di primitivismo colto e raffinato.
Mostra postuma alla Nuova Pesa
Una grande mostra postuma allestita dalla Nuova Pesa nel novembre del 1963 ha riaperto in un certo senso il dossier di Antonio Donghi che è poi il dossier dei Valori Plastici, che negli anni Venti alternarono in Italia, il ritorno alla tradizione.
Comunque, in vita, una vera comprensione da parte dei critici Antonio Donghi, non l’ha mai avuta e soprattutto alla fine degli anni Venti l’attenzione intorno a lui venne meno, per poi essere riscoperto e valorizzato in epoca moderna.
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